Autismo e senso comune

Autismo

Autismo e senso comune

– La persona con autismo è poco socievole, distaccata dal mondo che la circonda.

Il senso comune ci dice di stimolarla, di esporla alla compagnia di tante persone, di fornire tante sollecitazioni. Il risultato è che l’individuo si agita, prova disagio, spesso mette in atto comportamenti intollerabili.

Cosa ci dicono le ricerche di neurofisiologia?
Che la persona con autismo ha un grave deficit delle funzioni elementari della mente, in particolare dell’attenzione e della percezione.
Spesso è presente un costante stato di ipereccitazione; Il bambino non riesce a selezionare gli stimoli, si distrae per un nonnulla; spesso non riesce a sopportare un suono, anche piacevole, nel sottofondo, ed è invaso dalla cacofonia ambientale.
Ne consegue che l’ambiente ideale per l’apprendimento è un ambiente spoglio, privo di elementi distraenti. Ad esempio, quando si comincia un’attività nuova, bisogna nascondere il materiale che è servito all’attività precedente, in quanto la vista del materiale di prima impedisce la concentrazione sulla nuova attività. La stanza di lavoro deve essere silenziosa, in ordine, con pareti libere da arredi superflui.
Una volta appresa un’abilità nell’ambiente a lui favorevole, bisognerà poi favorirne l’utilizzo in ambienti sempre meno strutturati e abituare il bambino a tollerare un livello crescente di distrazioni per poter “spendere” questa nuova competenza nel suo naturale ambiente di vita.

– La persona con autismo stenta ad essere sveglia e attenta, ma anche a rilassarsi.

Il senso comune difficilmente intuisce questo disturbo, che comprende due aspetti che sembrano in antitesi fra di loro.

Bisogna favorire l’alternanza di momenti di impegno con altri di rilassamento. Bisogna cercare, per ogni individuo, quale attività lo rilassa e concedergliela, anche come premio per il lavoro svolto.
Puo’ succedere che la persona con autismo si rilassi utilizzando stereotipie, specie del corpo (ad esempio dondolarsi)
In questo caso lasciare alcuni momenti in cui la persona possa stare un po’ in pace, specie se stanca dopo un periodo prolungato di lavoro, non vuol dire abbandonarla a se stessa.
Le stereotipie non necessariamente vanno contrastate in modo rigido, ma scoraggiate proponendo attività più funzionali e aderenti alla realtà

– La persona con autismo solitamente ha un aspetto fisico bello, ha uno sguardo apparentemente assorto in pensieri profondi.

Il senso comune suggerisce che l’individuo non voglia dare le prestazioni che solitamente danno i suoi coetanei.

Sotto l’apparente normalità fisica, si cela il più disabilitante degli handicap. Si pretendono prestazioni impossibili per la persona disabile, credendo che non voglia fare, mentre in realtà lei non sa fare. Non sapendo comunicare il proprio disagio, l’individuo si agita e mette in atto comportamenti intollerabili, come l’aggressività.
Una valutazione accurata e esperta delle aree di forza e di debolezza è indispensabile per abbassare le richieste e adeguarle al livello giusto.

– La persona con autismo comunica poco e male.

Il senso comune suggerisce di parlargli molto, in continuazione.

La ricerca ci dice che la comprensione del linguaggio può essere scarsa anche in chi sa parlare apparentemente bene. La ricezione del linguaggio è spesso inferiore alla produzione dello stesso, quando c’è. E’ presente una limitata capacità di ascolto e di pensiero astratto. E’ quindi opportuno parlare nel modo più adeguato: frasi semplici (ma non troppo semplificate), concrete, brevi, a cui far seguire domande per verificare che l’individuo abbia capito e per tenere viva la sua labile attenzione.

– L’autismo è caratterizzato dalla disarmonia dello sviluppo nelle diverse aree: un individuo puo’ avere un’età mentale di un anno in un settore, di cinque in un altro, di dieci in un altro ancora. Ci possono essere, ad esempio, una buona memoria, buone abilità visuo-spaziali, ma una pessima capacità di interazione sociale. Molti autistici riescono bene nel fare i puzzle, perché hanno ottime abilità visive, disgiunte pero’ dalla comprensione del significato dell’immagine, che per loro è o poco comprensibile o indifferente.

Il senso comune ci induce a pensare che siano persone dotate in modo armonico (sanno comporre puzzle per noi difficili !) e che semplicemente non vogliono comunicare con noi, per vivere nella loro astrazione.

La ricerca ci dice che è bene sfruttare le aree sviluppate per fare progredire quelle più carenti. Ad esempio, se un bambino sa fare un puzzle da 50 pezzi, non bisogna presentargli un puzzle da 70, ma va sfruttata la sua abilità per migliorare la socializzazione. Ad esempio facciamolo giocare con un’altra persona e facciamogli imparare a rispettare i turni, cosa per lui molto difficile. Questo puo’ essere fatto prima con uno, poi con due compagni, per favorire la progressiva integrazione delle competenze (in questo caso abilità visuo-spaziali , gioco, abilità sociali)

– La persona con autismo non sa socializzare.

Il senso comune dice che lo stare fisicamente in mezzo agli altri compagni lo renderà più socievole.

La ricerca ha mostrato che il bambino con autismo non diventa socievole per semplice immersione in un gruppo o per imitazione. La socializzazione dev’essere insegnata appositamente, creando situazioni molto semplificate e poi via via più complesse, guidate da educatori e da insegnanti competenti
Queste attività aiutano non solo il bambino con autismo, ma anche tutti i bambini della classe nell’interazione reciproca. Favoriscono, ad esempio, il rispetto dei turni, le capacità di ascolto, la tolleranza alla frustrazione.

– La persona con autismo è in una sorta di anarchia mentale; non sa organizzarsi, non ha fantasia.

Il senso comune spesso interpreta questa anarchia mentale come una “non disponibilità” a collaborare.

La ricerca ci informa che il soggetto ha bisogno di una strutturazione estrema dello spazio e del tempo, di suggerimenti visivi che lo aiutino ad organizzarsi e a maturare un minimo di autonomia.
La strutturazione, e i suggerimenti visivi, utili per l’acquisizione di orientamento e di autonomia, devono poi essere via via diminuiti in modo che la persona possa spendere le abilità, una volta acquisite, nel proprio naturale ambiente di vita

– Per le persone con autismo le sorprese non sono una fonte di piacere (come per i normodotati) ma possono essere fonte di sofferenza.

Il senso comune non aiuta a capire questo aspetto.

La ricerca ci dice che bisogna rendere prevedibili, per quanto possibile, le attività future (immediate o più lontane nel tempo).

– Le persone con autismo capaci di parlare sembrano più autonome e dotate.

Il senso comune ci induce a sopravalutare le loro abilità comunicative

La ricerca e l’esperienza ci fanno capire che talora ripetono le stesse cose come dischi, senza comunicare. Scelgono argomenti che non interessano l’interlocutore e che talvolta sono anche sconvenienti. Un insegnamento molto utile potrebbe essere dare loro una forma accettabile, una specie di copione, che li aiuti ad impostare una conversazione che rispecchi i canoni normali e non si annunci subito come “strana”, “anomala”, “ridicola”. Molto utili possono essere simulazioni con bambini normali che, se motivati e formati da insegnanti competenti, possono diventare ottimi tutor.